la manifestazione sarà aperta da uno striscione unitario, dove invitiamo a partecipare, con scritto: “Guerre e tribunali non fermerranno le nostre lotte. Solidarietà agli imputati del 13 maggio ’99”;
il corteo passerà sotto il Consolato Usa, in Piazza della Signoria e davanti ai principali luoghi della repressione statale;
invitiamo i militanti dei partiti, dei sindacati e delle associazioni di governo a non portare in piazza simboli delle loro organizzazioni, non per esclusività ma per rispetto verso chi lotta ed è represso anche dalle leggi e dalle guerre di questo governo.
Iniziative con la proiezione del video sul corteo del 13/05/99 e la presenza degli imputati:
Venerdì 18 gennaio ore 21.30 al Cantiere Sociale K100fuegos – Campi Bisenzio
Sabato 19 gennaio ore 16.00 Pontassieve
Lunedì 21 gennaio ore 14.30 Liceo Classico Michelangelo Firenze;
Lunedì 21 gennaio ore 21.30 Pisa – Biblioteca Comunale
Mercoledì 23 gennaio ore 16.00 Polo Scienze Sociali di Novoli Firenze
Sabato 26 gennaio ore 21.00 cena sociale, ore 23.00 concerto dei Malasuerte al Cpa Firenze sud
Guerre e tribunali non fermeranno le nostre lotte
Il 28 gennaio ci saranno le sentenze per i 14 imputati al processo per gli incidenti sotto il Consolato Usa a Firenze il 13 maggio ’99, in occasione dello sciopero generale del sindacalismo di base contro la guerra della Nato e del governo D’Alema in Jugoslavia.
Il corteo fu caricato sotto il consolato e seguì una giornata di mobilitazione con l’occupazione della sede DS, partito di governo. Fecero seguito una campagna di criminalizzazione ed attacco alla manifestazione, che si ritrova anche nella requisitoria del pm, con l’intento di colpire chi osasse contrapporsi. Per 13 denunciati la pesante richiesta di condanna va dai 4 ai 5 anni.
Sabato 26 gennaio saremo in piazza a Firenze per manifestare contro la guerra, la repressione ed in solidarietà agli imputati, in occasione della giornata di mobilitazione mondiale del movimento contro la guerra con iniziative in Italia nelle piazze e davanti ai siti militari, per il ritiro delle truppe italiane da tutti i fronti di guerra, la chiusura delle basi militari e l’opposizione a che se ne costruiscano di nuove (a partire da Vicenza con il Dal Molin), la drastica riduzione delle spese di guerra e l’aumento delle spese sociali.
Guerra, repressione e controllo sociale sono del resto medesimi aspetti della militarizzazione della società necessaria ad alimentare l’economia occidentale e l’industria bellica, a controllare risorse e forza lavoro e ad imporre le regole della “democrazia”.
Dal ’99 in poi con la presa d’atto che la guerra permanente era iniziata e che uno stato in guerra non può tollerare la crescita di un’opposizione sociale e politica, sono infatti decine le inchieste, gli arresti, le condanne per reati che vanno dall’associazione sovversiva alla resistenza e numerosi sono i provvedimenti legislativi (dalle leggi contro il terrorismo ai numerosi pacchetti sicurezza) che caratterizzano questo come momento emergenziale e costituente, insieme alla guerra, di un nuovo ordine.
La guerra è infatti proseguita, si è rivolta verso il Medio Oriente, l’Afghanistan, la Palestina, il Libano e domani l’Iran o il Darfur, mentre la questione del Kosovo, diventa nuovamente un elemento centrale delle politiche di colonizzazione con l’intenzione di inviare nuove forze di polizia a supportarne l’indipendenza. E l’attuale governo ha sostenuto completamente la classe dirigente italiana che, in linea con quella europea e nordamericana, è coinvolta nell’espansione militare dell’economia occidentale ed impegnata nel consolidamento delle strutture militari e repressive in chiave continentale (Eurofor, Eurogendfor, esercito Europeo….). Vanno del resto in questa direzione l’aumento in 2 anni del 24% delle spese militari e la serie di contratti milionari firmati da Finmeccanica ed Augusta per la fornitura di F35 ed elicotteri da guerra a paesi NATO.
Le conseguenze di questa politica sulle condizioni di vita sono i tagli alla sanità, alla scuola, mentre la precarietà si afferma come condizione generale e contribuisce a creare insicurezza sociale. Le campagne sulla sicurezza pilotate diventano quindi facile valvola di sfogo con la quale giustificare la repressione verso gli immigrati e gli esclusi in genere ottenendo facile consenso, ed imponendo un concetto di sicurezza basato su repressione e controllo, mentre per noi sicurezza significa una vita, una casa, un lavoro dignitosi per tutti .
In questo contesto i processi di Genova ed al Sud Ribelle sono momenti esemplari dell’attacco alle forme di resistenza, che in questi ultimi anni ha visto oltre 9000 compagni coinvolti in procedimenti penali ed inchieste che vanno dall’associazione sovversiva alla resistenza fino agli ultimi reati di devastazione e saccheggio.
Ma bombe e tribunali non hanno fermato e non fermeranno la resistenza di coloro che in questi anni si sono opposte al sistema di dominio di stati occidentali e multinazionali: milioni di persone legate idealmente fra loro in tutto il mondo, dai protagonisti delle rivolte di Seattle a quelli di Cochabamba in Bolivia, dalla piazza di Genova alla resistenza nella selva colombiana. Questa è la storia e noi l’abbiamo scritta, non è certo nelle aule parlamentari o in quelle giudiziarie che cerchiamo giustizia.
Solidarietà agli imputati di Genova, Cosenza e Firenze
Solidarietà a tutti i compagni nelle carceri, sotto inchiesta e denunciati
SABATO 26 GENNAIO ORE 9.30 FIRENZE PIAZZA SAN MARCO – MANIFESTAZIONE
Cpa Firenze Sud, Cantiere sociale K100fuegos, Voci dalla macchia, Rete Studenti medi fiorentini, Collettivo politico di Scienze Politiche, Collettivo FuoriLOGO di Economia, Comitato smantellamento/riconversione base USA di Camp Darby, Slai Cobas, PCL, Sinistra Critica Firenze, Rete dei Comunisti, Realtà e Individualità Anarchiche Fiorentine