Foto: Peter Menzel
NAIROBI – Ieri sera, nell’incontro della delegazione italiana sui temi della cooperazione, Renato Sesana Kizito, il missionario che qui in Kenya anima numerose iniziative di solidarietà, aveva preso di mira anche la frammentarietà dell’informazione sull’Africa: “Io per capire il Sudan ci ho messo tre anni. Una stampa che semplifica troppo non sa spiegare i veri nodi”. Per curare il vizio antico della superficialità il programma odierno del Forum proponeva ben due medicine, e da prendere insieme: nel senso che alla stessa ora, a cento metri di distanza, si sono tenuti due dibattiti dedicati appunto ai media e ai conflitti africani, ed entrambi organizzati da soggetti della società italiana (a testimoniare una attenzione alta, e forse anche l’opportunità di qualche telefonata di coordinamento in più…). La riflessione promossa dalla Caritas è partita dal quadro dei “rapporti di forza” mondiali: “il 95 per cento delle notizie – ha ricordato Emiliano Bossi, giornalista della Misna – viene dalle cinque principali agenzie del mondo”. Poi il racconto di tre lunghi conflitti di recente conclusione: quelli che hanno insanguinato Sudan, Repubblica Democratica del Congo e Sierra Leone. I media, soprattutto le radio a diffusione locale, hanno avuto un ruolo rilevante nell’accompagnare la faticosa uscita dalle guerre.
Marcatamente orientato alle proposte l’altro appuntamento, promosso da Punto Critico, da La Rinascita e dai Comunisti italiani insieme a numerose voci del pacifismo (fra le altre Nigrizia, Beati i costruttori di pace, la Tavola, Libera, Koynonia). Analisi geopolitica, interessi finanziari e tecnologici dietro le guerre, lo scandalo perdurante del commercio delle armi, anche nelle sue forme apparentemente piu` “legali”. Ma soprattutto: quali impegni prendere, come giornalisti e con i giornalisti?
Un primo appuntamento di lavoro sta prendendo forma, ed é la risposta ad una crescente richiesta di formazione: per il prossimo settembre, ancora qui a Nairobi, l’Africa Peace Point ha proposto un incontro con i giornalisti occidentali, perche vengano a studiare – con l’aiuto di esperti africani – le ragioni dei conflitti. Subito si é allungata la lista dei soggetti che potrebbero collaborare per l’Italia: la Fnsi, la Comunità di Capodarco forte dell’esperienza pluriennale di ”Redattore Sociale”, la neonata agenzia di giornalisti africani in Italia pensata da Veltroni e Pezzotta.
Intanto sta circolando la proposta di dar vita ad una associazione internazionale di giornalisti per la pace. Farne parte significherebbe sottoscrivere un codice di autoregolamentazione che impegna ogni professionista in prima persona, “come un medico”, a promuovere processi di pace anche nel modo in cui fa cronaca delle guerre.
Impegni che i non giornalisti attendono con qualche impazienza: “non vogliamo piu` sentirvi dire che e` colpa della vostra testata se non potete scrivere certe cose”. (Roberto Natale – Giunta Fnsi)