Il 26 gennaio anche per l’Italia è Global action day, la giornata di lotta indetta al Forum sociale mondiale di Nairobi dello scorso anno. Ma se nel mondo si privilegeranno i temi sociali, il filo rosso che accomunerà tutte le manifestazioni del sabato italiano sarà la lotta alla guerra.
In tutti i suoi aspetti e in tutte le sue forme: dal ritiro delle truppe nelle zone «calde» del mondo alla chiusura delle basi militari, dall’opposizione a che se ne costruiscano di nuove (a partire da Vicenza con il Dal Molin) alla riduzione delle spese militari, fino alla chiusura di caserme e fabbriche d’armi, «magari riconvertendole in unità abitative», propone il portavoce dei Cobas, Piero Bernocchi.
A prendere parte alle diverse iniziative ci saranno tutte le anime del social forum (e del movimento pacifista di qualche anno fa), dall’Arci alla Rete Lilliput fino a quelle più radicali che il 9 giugno scorso scesero in piazza contro la visita di Bush a Roma: Action, Cobas, Global meeting network, Partito comunista dei lavoratori, RdB, Red Link, Rete dei Comunisti, Rete Disarmiamoli, Sinistra critica.
Tutti a manifestare il 26, ma con lo sguardo rivolto un po’ più in là, alla scadenza di marzo dove il parlamento sarà chiamato al voto sul rifinanziamento delle missioni militari all’estero.
Al proposito c’è anche in previsione la possibilità di una manifestazione nazionale a Roma. Ci si domanda però quale parlamento dovrà gestire la «patata bollente».
La crisi di governo aperta in queste ore fa prefigurare gli scenari più diversi. O forse no, visto che sulle missioni internazionali il Palazzo ha sempre partorito un «sì» largamente bipartisan. «Vorrei sapere come Rifondazione si porrà a marzo», scuote i suoi Elettra Deiana del Prc, vicepresidente alla commissione Difesa.
«Il giudizio sulla politica estera di questo governo – aggiunge – è altamente negativo, direi un fallimento totale nonostante Prodi continui a dire il contrario». Afghanistan, ma non solo. «Ora ci chiederanno – continua – anche di votare per il finanziamento del Kosovo, stiamo proprio varcando ogni limite di buon senso. Certo che se il governo non cade ora a marzo rischia davvero grosso». Comunque, indipendentemente da chi ci sarà da qui a un mese a guidare il paese, il messaggio del 26 gennaio non cambia. «Dovrà essere una giornata contro l’insieme della politica militarista italiana», dicono gli organizzatori. E gli elementi di dissenso non mancano.
Le spese militari che sono aumentate (del 24%) «a tutto danno delle spese sociali, di quelle destinate al lavoro e al reddito dei settori popolari», aggiunge Bernocchi. Così come sono aumentati i siti bellici disseminati nel territorio. Fitto il programma di mobilitazioni.
I No Dal Molin saranno a manifestare davanti alla base di Vicenza. A Brescia ci sarà un presidio all’area militare di Ghedi. A Milano si terrà un «Girotondo impertinente» per manifestare contro la decisione del sindaco Moratti di vietare l’asilo ai figli degli stranieri senza permesso di soggiorno. Due i sit-in in programma a Roma: uno davanti al ministero della Difesa, l’altro all’Ambasciata Usa. Mentre al campo rom di via Cantoni in un «Giorno di ordinaria memoria» si ripercorreranno storia e tradizioni della cultura rom. Mobilitazioni anche in Sicilia con un’azione intorno alla base americana di Sigonella.
Si potrà inoltre firmare per la proposta di legge di iniziativa popolare che chiede la desecretazione di tutti gli accordi militari, la riconversione delle strutture militari in strutture civili e la sospensione dei progetti di nuove basi in corso.