Non vogliamo pagare la crisi

Manifestazione europea a Bruxelles, sciopero generale in Spagna, cortei in decine di altre città, dalla Grecia alla Polonia, dall’Irlanda alla Serbia. I cittadini europei respingono le formule dei governi per fronteggiare la crisi. Il messaggio è chiaro: «Non vogliamo pagare la crisi».

«Non vogliamo pagare la crisi».

Almeno 100 mila persone arriveranno oggi a Bruxelles da una trentina di paesi europei per protestare contro le politiche di austerità e tagli al welfare che l’Ue e i governi dei paesi membri hanno escogitato come una formula possibile per uscire dalla crisi finanziaria ed economica. Secondo i sindacati belgi, la metà dei lavoratori dei servizi pubblici locali si unirà alla protesta scioperando e la capitale europea rischia di essere paralizzata dalle proteste, a cui sono uniti anche i movimenti sociali del continente, che nell’ultimo Forum sociale europeo, a Istanbul a luglio, hanno inserito il 29 settembre nella propria agenda di mobilitazioni. Secondo la Ces, la confederazione sindacale europea, quella di oggi potrebbe essere la più partecipata manifestazione nella capitale belga da molti anni a questa parte. L’ora di avvio del corteo principale è fissata alle 11.

In Spagna c’è lo sciopero generale contro le politiche di tagli decisi dal governo socialista di Zapatero. Nello Stato spagnolo, lo sciopero è stato convocato da tutte le principali centrali sindacali del paese e il paese si prepara a uno stop pressocché totale, salvo i servizi minimi. Lo sciopero è iniziato con un corteo a Madrid, mentre proteste sono in corso anche a Barcellona e nelle altre principali città del paese.
Al centro della protesta, le nuove norme che il governo Zapatero vuole introdurre per il mercato del lavoro. Lo Stato spagnolo vede la disoccupazione ormai al 20 per cento e secondo il governo socialista il modo per ridurla è aumentare la flessibilità, cioè licenziamenti più facili.

Dopo la manifestazione di Bruxelles, è previsto un incontro tra il presidente della Ces, John Monks e il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. Il politico portoghese è stato uno dei più decisi difensori della politica dei tagli che, secondo i sindacati europei, ha bloccato la ripresa e ha scaricato sui lavoratori il costo della crisi innescata dalle speculazioni e dalle politiche delle banche.

Manifestazioni sono attese anche in Grecia, finora il paese più colpito dai tagli a causa del piano di austerità imposto da Fmi e Ue e accettato dal governo socialista di Papandreu. Cortei sono previsti anche in Irlanda [l’ex tigre celtica vive una difficilissima situazione economica], Portogallo [altro paese sull’orlo del rischio di default]. Protestano anche i lavoratori serbi per gli effetti sociali previsti dalle politiche di avvicinamento di Belgrado all’Europa.

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