“La sfida di una alternativa globale, fuori dal sistema”

Il Foro Sociale Mondiale (FSM) è quasi l’unico ambito di convergenza dei movimenti sociali a livello planetario e pertanto è fondamentale continuare a rafforzarlo. Ipotesi di fondo di Eric Toussaint, storico e politologo belga (ma soprattutto economista, diremmo ndt) che presiede il Comitato per l’Annullamento del Debito del Terzo Mondo (CADTM). Acuto analista dell’, conoscitore dal di dentro del FSM, Toussaint fa parte, fin dalla sua costituzione, del Consiglio Internazionale, organismo facilitatore di detto Forum. Il CADTM, con una presenza attiva in numerosi paesi, è uno degli attori che dinamizzano la preparazione della prossima edizione 2011 di Dakar.

Domanda: Quale è il suo giudizio sulla situazione presente del Foro Sociale Mondiale?

Risposta : Penso che si debba rinforzare il processo del FSM poiché è quasi l’unico contesto nel quale convergono i movimenti sociali, le ONG, le organizzazioni politiche di sinistra fino ai governi progressisti. Non c’è un altro luogo organico di convergenza. Non possiamo svuotare il FSM malgrado le critiche che possiamo rivolgergli. Tanto meno sarebbe corretto pensare di crearne uno alternativo, perché significherebbe promuovere una proposta in concorrenza e molto limitata. Oggi quello che abbiamo è il FSM. Questo non vuol dire che non esistano elementi preoccupanti nell’evoluzione del FSM.

Tendenze preoccupanti ed antidoti

D.: In quale senso preoccupanti?

R.: Per vari aspetti. La decisione di una maggioranza di dirigenti o animatori del FSM di non chiedere di andare al di là del Forum, cioè di non chiedere di modificare la Carta dei Principi al fine di consentire al Forum di discutere piattaforme e piani d’azione. E di situarsi nello stretto quadro della Carta dei Principi che non accetta, in quanto Forum, di adottare dichiarazioni finali nè piani di azione. Un secondo aspetto: il successo del FSM fa sì che ci siano poteri pubblici e fondazioni private che sono ben decise ad appoggiarlo in maniera significativa. Si ha la tendenza a realizzare eventi molto costosi con bilanci elevati e ciò mi preoccupa. Con l’aggravante di due rischi ben presenti. Creare una “industria del FSM” giacché vi sono Organizzazioni Non Governative molto potenti che costruiscono grandi progetti intorno al FSM. Vivono di questo. E l’altro rischio, quello della nascita di una specie di “burocrazia altermondialista”. Una cupola di dirigenti che a partire dalle loro funzioni ottengono un certo potere e privilegi e che si perpetua da anni.

P.: Quali sarebbero i mezzi o gli “antidoti” che permetterebbero di sbloccare queste tendenze o segnali preoccupanti?

R.: Fortunatamente vi sono elementi positivi. Il Consiglio Internazionale propone di prendere delle misure perché a Dakar non si ripetano gli stessi errori commessi nel 2007 a Nairobi, in Kenia, che forse fu l’edizione più fallimentare del FSM. Ho un certo grado di fiducia che a Dakar non si riproducano quegli errori, come quello di concedere il monopolio delle comunicazioni nello spazio del FSM a una transnazionale del settore; o di imporre prezzi d’ingresso molto alti, quasi impossibili da sostenere per i partecipanti locali.

Penso che per il successo di Dakar sia fondamentale rafforzare la presenza dei movimenti sociali africani e del resto del mondo. In questo senso spira un vento positivo. Nella prima settimana dello scorso novembre abbiamo organizzato nella stessa capitale del Senegal un incontro preparatorio di movimenti sociali a seguito di un mandato ricevuto dall’Assemblea dei Movimenti Sociali. E’ stato realizzato giusto prima di una riunione del Consiglio Internazionale che si è riunito per completare i dettagli dell’evento del prossimo febbraio.

Mobilitazione africana

P.: Qual’è il bilancio di questo seminario preparatorio?

R.: Positivo a livello di preparazione. Erano presenti molti movimenti sociali senegalesi. Più di 60, inclusi i grandi sindacati rurali e urbani, che sono numerosi. E rappresentanti dei movimenti dei pescatori, dei coltivatori, di quartiere, di donne. Tutti erano presenti e questo indica una buona dinamica e si converte in un segnale realmente di speranza. C’è entusiasmo rispetto all’appoggio che il FSM può ricevere nei quartieri popolari della capitale senegalese e delle zone circostanti e sulla ricezione del messaggio del FSM. Vi saranno attività nei quartieri durante i giorni precedenti e durante il Forum stesso. Noi come CADTM prepariamo uno spettacolo politico-culturale di Hip Hop con gruppi musicali noti ma che rifiutano di entrare nel processo di mercantilizzazione. Interpreteranno temi originali, con un forte accento sul debito, la sovranità alimentare, gli accordi sfavorevoli fra Senegal e Europa etc.

A livello regionale viene sentito come un fatto importante l’appoggio deciso da settori della gioventù. A Dakar arriverà una carovana di autobus che percorrerà centinaia di kilometri proveniente dalla Nigeria –da dove partiranno la terza settimana di gennaio- e che passerà per il Benin e il Togo per giungere infine nel Burkina Faso. Lì si incontrerà con altre delegazioni provenienti da Conakry.

Attendiamo varie centinaia di partecipanti a questa iniziativa, donne e uomini, specialmente giovani. Proposta che abbiamo promosso assieme al Foro Sociale Africano e reti quali No Vox e Attac. Il CADTM gioca un ruolo di stimolo ma non desidera appropriarsi di nulla né di egemonizzare o monopolizzare. Cerchiamo una vera convergenza.

Organizzeremo anche un seminario sulle lotte femministe nei giorni 3 e 4 febbraio a Kaolack, la seconda città del Senegal ma con la partecipazione di rappresentanti di tutti i continenti. Questo tipo di iniziative, anche se lo stesso FSM di Dakar avesse risultati limitati, già avrebbe assicurato il valore dell’incontro. E’ essenziale rafforzare le dinamiche sociali…
P.: Si tenta di lanciare una dinamica partecipativa nella subregione?
R.: E’ così. La Nigeria è a circa 2500 kilometri da Dakar. Passare per questi diversi paesi ci dà la possibilità di far conoscere il processo del Forum. Ad ogni sosta importante si realizzeranno eventi per spiegare ciò che sarà il FSM di Dakar. Considerando tutto questo direi che riscontro un entusiasmo prudente.

P.: Una dinamica diversa da quella che Lei considerava come l’edizione fallita di Nairobi?

R.: Questa è la speranza. Sebbene dobbiamo essere cauti sui risultati di Dakar poiché un mese prima del FSM la gente del luogo non è informata sull’evento, che è molto diverso da ciò che accadde a Belém nel 2009 o a Porto Alegre nel 2005 e nelle edizioni precedenti.

Ma esistono obbiettivamente le condizioni per un’ampia partecipazione del popolo senegalese e dei movimenti sociali del paese e della regione. Vedremo se questo spazio aperto, questo invito ampio e facilitato dalla gente del luogo provocherà una buona partecipazione popolare.
Il mio dubbio è, secondo le valutazioni di colleghi sindacalisti, che i movimenti sociali del Senegal attraversano oggi uno dei loro momenti peggiori degli ultimi 20 anni a livello di capacità di mobilitazione. Non è la miglior congiuntura, ma questo non dipende da detti movimenti bensì dalle condizioni politiche globali.

Voglio sottolineare un altro elemento molto importante: il primo giorno –e nei giorni precedenti- il FSM porrà un accento particolare sui 50 anni dell’indipendenza dell’Africa. Con attività nell’isola di Gorée, di fronte a Dakar da dove –nei secoli XVI, XVII e XVIII- partirono più di un milione di schiavi. Una denunzia forte verso lo schiavismo di ieri e verso il sistema di oggi. A livello simbolico e della memoria collettiva sarà un momento molto importante, tracciando un ponte fra passato e futuro…Le sfide di confrontare le crisi mondiali nelle diverse situazioni e momenti storici.

Il FSM guardando al potere…e a Davos

P.: Se si parla di crisi mondiale, di proposte egemoniche dominanti, nuovamente il FSM di Dakar dovrà ragionare anche di ciò che è accaduto a Davos, in Svizzera, nel corso del Foro Economico Mondiale che si realizzerà fra il 26 e il 31 di gennaio…

R.: E’ così. Viviamo una crisi del sistema dove tutto è interconnesso.. La crisi è finanziaria, economica, climatica, alimentare, migratoria. Una crisi che tocca la gestione mondiale, perché non c’è nessuna istituzione mondiale che goda di reale credibilità. Il G20 non è più legittimo del G8. E le Nazioni Unite non riescono a giocare il ruolo previsto nel loro Statuto.
E’ vero che questa crisi è il prodotto del progredire della deregolamentazione, però è anche legata al sistema stesso. Il messaggio del FSM dovrà essere ancora più chiaro di quando nacque 10 anni or sono. Sottolineare la necessità della globalizzazione della resistenza e delle alternative per proporre un sistema alternativo al sistema capitalista patriarcale globalizzato.

Quelli che si riuniscono a Davos al momento continuano con la capacità di lanciare offensive contro coloro che stanno “in basso”. Questi poco a poco stanno superando la loro frammentazione –seppure con difficoltà- per proseguire nella direzione di offrire un’alternativa globale che è più che mai necessaria. E penso che la soluzione non passa dal riformare l’attuale sistema bensì in opposizione ad esso.

*Sergio Ferrari, collaborazione stampa E-CHANGER (ONG svizzera di cooperazione solidale) e del giornale indipendente svizzero “Le Courrier”.

CADTM: www.cadtm.org. Traduzione italiana di Aldo Zanchetta (reperibile anche sul sito www.kanankil.it)

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